Se si giudica un robot dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi…
Intelligenza Artificiale, Deep Learning, Machine Learning, Robotica, sono termini con i quali stiamo imparando sempre più a familiarizzare. Sono concetti dai quali nessuno può sentirsi esentato dallo studio in quanto coinvolgono e coinvolgeranno sempre più ogni aspetto della quotidianità.
Il Deep Learning è uno degli aspetti che ha attratto maggiormente la mia attenzione. Un robot, un agente virtuale, che, partendo da una serie di informazioni di base, è in grado di autoistruirsi, di imparare come un qualunque scolaro, come un qualunque essere umano che interagisce con il mondo ed impara dall’esperienza acquisita, dai libri che studia, dall’osservazione degli eventi naturali. Questo processo è reso possibile da complesse reti neurali artificiali.
La principale differenza tra un essere umano ed un agente virtuale nel processo di studio è che il secondo riuscirà ad imparare ad una velocità esorbitante. E’ di pochi giorni fa la notizia che, grazie all’invenzione del midollo spinale virtuale, un robot a quattro zampe simile ad un cane ha imparato a camminare in appena un’ora dalla sua messa in funzione. Considerando che un cucciolo di cane per imparare a camminare impiega circa due settimane possiamo ben capire la portata di questa invenzione che, verosimilmente, potrà aprire la sperimentazione anche in campo medico al fine di ridare la possibilità di movimento a coloro che hanno subìto danni alla colonna vertebrale.
Non voglio dilungarmi troppo anche perché l’argomento è veramente vasto e di sicuro non si può esaurire in un articolo. Quello che voglio fare è porre l’accento su una considerazione che è sorta nella mia mente leggendo le previsioni riguardo all’introduzione nelle nostre case di robot in grado di aiutarci nelle faccende domestiche, ma anche solo nel portarci una birra senza obbligarci ad alzarci dal divano.
Lasciando stare i risvolti sociali della faccenda ed i danni che un abuso del genere potrebbe portare alla salute umana, leggendo il libro di Martin Ford, “Il dominio dei robot. Come l’intelligenza artificiale rivoluzionerà l’economia, la politica e la nostra vita“, si pone l’accento sul fatto che lo stato attuale della robotica non ci permette di realizzare macchine in grado di riconoscere i diversi oggetti presenti nel nostro frigorifero né tantomeno di sfilare una lattina di birra da una confezione di sei birre tenute insieme da anelli di plastica.
L’autore pone l’accento anche sulle faccende domestiche. Un robot, attualmente, non riuscirebbe a riconoscere l’incredibile mole di oggetti che possediamo in casa e, quindi, risulterebbe alquanto difficile riconoscere gli oggetti da mettere a posto da quelli da buttare. Anche perché, diciamocela tutta, è un po’ il problema che abbiamo con il nostro partner che spesso fa scomparire oggetti per noi importanti, ma che, secondo il suo metro di giudizio, sono inutili. Prendiamo, ad esempio un vecchio giornale che contiene un articolo per noi importante oppure la confezione del nostro smartphone che, per noi, può essere un cimelio da utilizzare come portaoggetti e per altri, invece, non è altro che spazzatura. Sono semplici esempi giusto per chiarire che tra umani la percezione è notevolmente diversa, figuriamoci tra umani e robot.
Da questa considerazione partirei per dire che non c’è assolutamente bisogno che un robot sia in grado di compiere tali scelte al posto nostro. Non deve sostituirci totalmente, all’istante, in tutte le operazioni. Tutte le evoluzioni seguono delle tappe obbligate. Lo stesso essere umano, secondo la tesi darwiniana, è partito dal mare prima di approdare sulla terra e, dopo innumerevoli trasformazioni, diventare quello che siamo oggi.
Un altro aspetto fondamentale trattato da Ford nel suo libro, come dicevo prima, è la capacità che dovrebbe avere un robot di dirigersi fino al frigorifero, aprirlo e riconoscere l’oggetto da prelevare al fine di portarcelo fino al divano. La mia domanda è “perché?”. Perché un robot dovrebbe interagire con il mondo come facciamo noi esseri umani?
Mentre scrivo mi sorge un’ulteriore considerazione. iRobot è l’azienda che ha introdotto sul mercato gli aspirapolvere Roomba. Avete presente quei “dischi” che camminano per gli ambienti di case ed uffici rilevando se il pavimento è pulito o sporco e pulendo ove necessario? Ecco, iRobot non si è focalizzata sull’aspirapolvere come lo conoscevamo fino a poco tempo fa, cioè, per capirci, immagino che non abbiano iniziato la progettazione partendo da un Folletto della Vorwerk e, poi, cercato di automatizzarlo. Il Folletto è stato progettato per essere utilizzato da un essere umano dotato di arti e capacità proprie della specie. Inutile ed impensabile partire da quel modello per progettarne uno autonomo. Ed, infatti, il risultato è totalmente diverso esteticamente dall’aspirapolvere comunemente conosciuto.
Da questi ragionamenti arriviamo al titolo dell’articolo ed all’approccio che, credo, bisogna avere nella progettazione di robot in grado di aiutarci nei compiti di tutti i giorni. Parafrasando un aforisma attribuito ad Einstein
Se si giudica un robot dalla sua capacità di aprire un frigorifero progettato per gli esseri umani, passerà tutta la vita a credersi incapace
Bisogna progettare frigoriferi “ibridi” che, nel mio immaginario, nella parte inferiore che di solito viene riservata al freezer, contiene degli alloggi simili ad un distributore automatico. In questi alloggi inseriremo i prodotti di maggior utilizzo. Ad esempio, nel primo scompartimento inseriremo l’acqua naturale, nel secondo quella gassata, nel terzo la Coca-Cola e nel quarto la birra. Tramite l’app del nostro robot andremo ad attribuire ad ogni scompartimento il contenuto da noi scelto. Quando diremo al robot “Ambrogio, portami una birra al divano” il nostro assistente saprà che dovrà recarsi al frigorifero, aprirlo, e prelevare l’oggetto presente nello scompartimento numero quattro. In questo modo non dovrà essere in grado di distinguere una birra da una bottiglina d’acqua. Dovrà semplicemente prelevare un prodotto dallo scompartimento che noi avremmo impostato.
Dopotutto, diciamoci la verità, quanti di noi hanno difficoltà cognitive nell’aprire il frigorifero di casa? Se potessimo guardare nei frigoriferi domestici, molti somiglierebbero al mercato del Maghreb. Come pretendere di progettare un robot in grado di districarsi in un tale ambiente quando, spesso, anche noi impieghiamo del tempo per trovare ciò che cerchiamo?
Se vogliamo progettare macchine utili, in grado di facilitare la nostra vita, dobbiamo imparare a costruire degli ambienti usabili per i robot e non pretendere che siano loro ad adattarsi al nostro ambiente. Lo so, parlo delle macchine come se fossero sensienti, ma, credo, che anche se non sono ancora tra di noi nella loro forma autonoma, i concetti alla base del loro sviluppo siano già stati gettati e, relativamente presto, ci sarà una società in grado di far convivere noi e loro così come attualmente conviviamo con i nostri amici a quattro zampe.
Se ci pensate non abbiamo preteso che cani e gatti imparassero ad aprire le porte progettate per gli esseri umani, ma abbiamo costruito aperture a battente all’interno delle nostre porte per farli entrare ed uscire autonomamente in casa senza bisogno del nostro supporto. Allo stesso modo adatteremo il nostro ambiente al fine di renderlo usabile anche per i robot.
Cosa c’entra tutto questo con il turismo? Tutti i settori della vita saranno, inevitabilmente, modificati dall’intelligenza artificiale e dalla robotica. E’ solo questione di tempo. Sicuramente ci saranno presto occasioni per leggere di nuove applicazioni anche nel campo del turismo.